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UN'IDEA DEL DISEGNO

11

Maggio

2016

Il fine primo dell’architettura è quello di esprimere tramite il suo fine secondo, il costruire, il senso dell’abitare degli esseri umani sulla terra. Ho sempre creduto che tale espressione sia di natura artistica e, come ricordava Ludovico Quaroni nel suo libro La torre di Babele, debba essere affidata all’architetto in quanto homo poeticus. Ciò comporta che la natura comunitaria del territorio e della città è il risultato di una scrittura collettiva che trascende se stessa e la propria funzionalità per partecipare di una dimensione in cui tutto diventa profondo, imprevedibile, metamorfico e misterioso ritrovando, oltre la socialità, ciò che è individuale e unico.
Il luogo per me privilegiato in cui l’abitare viene continuato e migliorato al fine di rendere la vita degli esseri umani sempre più libera e felice è il disegno.

Esso è lo spazio dell’idea, l’ambito tematico nel quale la scrittura architettonica si definisce, la dimensione conoscitiva e creativa che si articola in un internità e un’esternità, nel senso che il pensiero deve trovare il modo di sottrarsi alla indivisibilità in cui è avvolto fino a quando è ancora nella mente per farsi immagine comunicabile, giudizio esplicito e tendenzioso sulla realtà e sulla sua trasformazione.
Conseguentemente a quanto detto finora, nella mia vita di architetto disegnare significa esplorare un paesaggio impervio e infinito di problemi che non è possibile risolvere se non attraverso la forma. Questa entità, astratta e insieme fortemente concreta, si rivela nel mio lavoro compositivo attraverso una pratica che è ripetitiva e al contempo sempre nuova. Per me disegnare è una disciplina severa e liberatoria, un procedere in qualche modo alchemico. É il farsi investire in pieno dall’energia del segno, dalla sua capacità di rivelare ciò che è oscuro, potenziale, possibile o impossibile. In qualche modo il disegno, che rappresenta le cose e quindi le fa esistere, è una porta verso i mondi alternativi, molteplici e straordinari contenuti come altrettante promesse nel mondo in cui si svolge la nostra esistenza.

FRANCO PURINI- 21/04/2016

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